CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

 PRECISAZIONI

 

 

La Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) ritiene opportuno precisare alcune indicazioni che la normativa liturgica affida alle Conferenze Episcopali nazionali e richiamare l’attenzione su alcuni punti della celebrazione eucaristica (I numeri a fianco dei titoli si riferiscono a «Principi e norme per l’uso del Messale Romana»).

1. Gesti e atteggiamenti durante la celebrazione eucaristica (cfr n. 21)

La C.E.I. fa proprio quanto indicato in « Principi e norme per l’uso del Messale Romano » e cioè:
In piedi dal canto d’ingresso fino alla colletta compresa. Seduti durante la prima e seconda lettura e il salmo responsoriale.
In piedi dall’acclamazione al Vangelo alla fine del Vangelo. Seduti durante l’omelia e il breve silenzio che segue. In piedi dall’inizio del Credo, recitato o cantato, fino alla conclusione della preghiera universale o dei fedeli. Seduti durante tutto il rito della presentazione dei doni. Ci si alza per l’incensazione dell’assemblea.
In piedi dall’orazione sulle offerte fino all’epiclesi prima della consacrazione (gesto dell’imposizione delle mani) esclusa. In ginocchio, se possibile, dall’inizio dell’epiclesi preconsacratoria (gesto dell’imposizione delle mani) fino all’elevazione del calice inclusa.
In piedi da Mistero della lede fino alla comunione inclusa, fatta la quale si potrà stare in ginocchio o seduti fino all’orazione dopo la comunione.
Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera.
In piedi dall’orazione dopo la comunione sino alla fine.
N.B. Durante l’ascolto della Passione del Signore (Domenica delle palme e Venerdì Santo) si può rimanere seduti per una parte della lettura.
Anche qualora il canto del Gloria a Dio comportasse uno svi­luppo musicale di una certa ampiezza, in casi particolari, ci si potrà sedere dopo l’intonazione. 

2. Canti di ingresso, di offertorio e di comunione (cfr. nn. 26, 50 e 56) 

In luogo dei canti inseriti nei libri liturgici si possono usare altri canti adatti all’azione sacra, al momento e al carattere del giorno o del tempo, purché siano approvati dalla Conferenza Episcopale nazionale o regionale o dall’Ordinario del luogo.
Si esortano i musicisti e i cantori a valersi dei testi antifonali del giorno con qualche eventuale adattamento. 

Professione di fede (cfr. n. 43) 

Quando è prescritta la professione di fede, si potrà alternare il simbolo niceno-costantinopolitano con quello detto «degli Apostoli », proclamando con diverse formule la stessa unica fede. Sarà il criterio dell’utilità pastorale a suggerire l’uso di questo secondo simbolo, che pure è patrimonio del popolo di Dio e appartiene alla veneranda tradizione della Chiesa.
Esso richiama la professione di fede fatta nella celebrazione del Battesimo e si inserisce opportunamente nel Tempo di Quaresima e di Pasqua, nel contesto catecumenale e mistagogico dell’iniziazione cristiana.
Per una più facile memorizzazione nella lettera e nel contenuto, è opportuno che il simbolo apostolico sia usato per un periodo piuttosto prolungato. 

3. Preghiera universale (cfr. nn. 45-47) 

La preghiera universale o preghiera dei fedeli è di norma nelle Messe domenicali e festive. Dato tuttavia il suo rilievo pasto­rale, anche perché offre l’occasione di collegare la liturgia della Parola con la situazione concreta, è evidente l’opportunità di farla quotidianamente nelle Messe con la partecipazione del popolo.
Perché la preghiera universale sia veramente rispondente al suo spirito e alla sua struttura, si richiama l’esigenza di disporne precedentemente l’esatta formulazione e di rispettare la succes­sione e la sobrietà delle intenzioni, tenendo presenti il momento liturgico, le emergenze ecclesiali e sociali, e il suffragio per le anime dei pastori e dei fratelli defunti.

4. Presentazione dei doni (cfr. nn. 48,3 e 293) 

Per sottolineare la partecipazione all’«unico pane e all’unico calice» si abbia cura di preparare, per quanto possibile, un’unica patena e un unico calice. 

5. Dossologia finale della Preghiera eucaristica (cfr. nn. 55h e 135)

La dossologia conclusiva dell’anafora, Per Cristo, con Cristo e in Cristo è proclamata dai soli sacerdoti celebranti. Il sacerdote che presiede e il diacono ministrante tengano sollevati la patena e il calice fino all’Amen compreso con il quale il popolo ratifica la grande preghiera sacerdotale. 

6. Segno di pace (cfr. n. 56b)

Il segno di pace che i partecipanti alla celebrazione si scam­biano con i fedeli che sono al loro fianco, nello spirito di ricon­ciliazione e di fraternità cristiana necessario per accostarsi alla comunione eucaristica, dopo che a tutti l’ha espresso con il gesto e con la parola il sacerdote celebrante, si può dare in vari modi secondo le consuetudini e la qualità dei partecipanti.
Scambiandosi il segno di pace si può dire: la pace sia con te.

7. Frazione del pane (cfr. nn. 56c e 283) 

Perché il segno della partecipazione « all’unico pane spezza­to » abbia chiara evidenza è bene compiere il gesto della «fra­zione del pane » in modo veramente espressivo e visibile a tutti. Conviene quindi che il pane azzimo, confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote possa davvero spezzare l’ostia in più parti da distribuire almeno ad alcuni fedeli.
Al momento della «frazione», si dispongano, se necessario, le specie consacrate in varie patene e in vari calici per una più agevole distribuzione, nel rispetto delle norme liturgiche e dell’opportunità pastorale.

8. Uffici particolari (cfr. n. 71 e «Codice di Diritto Canonico», can. 230 § 2) 

I lettori — uomini e donne — che in mancanza di ministri istituiti proclamano dall’ambone le letture o propongono le intenzioni della preghiera universale o dei fedeli, siano ben preparati ed edifichino l’assemblea con la proprietà dell’atteg­giamento e dell’abito.  

9. Possibilità di comunicarsi due volte nello stesso giorno (vedi «Codice di Diritto Canonico», can. 917)

La piena partecipazione alla Messa si attua e si manifesta con la comunione sacramentale.
Chi pertanto, pur essendosi già accostato alla mensa eucaristica, parteciperà nello stesso giorno ad un’altra Messa, potrà, anche nel corso di essa, ricevere nuovamente, cioè una seconda volta la Comunione. 

10. La Comunione sotto le due specie (cfr n. 242) 

Oltre ai casi e alle persone di cui al n. 242 di «Principi e norme», e salvo il giudizio del vescovo di permettere la Co­munione sotto le due specie, la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito di allargare la concessione della Comunione sotto le due specie ai casi e alle persone qui sotto indicate:
a) a tutti i membri degli istituti religiosi e secolari, maschili e femminili e a tutti i membri delle case di educazione e for­mazione sacerdotale o religiosa, quando partecipano alla Messa della comunità (cfr «Principi e norme per l’uso del Messale Romano» n. 76);
b) a tutti i partecipanti alla Messa comunitaria in occasione di un incontro di preghiera o di un convegno pastorale;
c) a tutti i partecipanti a Messe che già comportano, per alcuni dei presenti, la comunione sotto le due specie, a norma del n. 242 di « Principi e norme per l’uso del Messale Romano »;
d) in occasione di celebrazioni particolarmente espressive del senso della comunità cristiana raccolta intorno all’altare.

11. Rito della comunione sotto le due specie per intinzione (cfr n. 247)

Nella comunione l’Eucaristia è sempre consegnata dal ministro e non presa direttamente dai fedeli. Se la comunione viene fatta per intinzione, il sacerdote celebrante può far sorreggere il calice (o la pisside), da un accolito o da un ministro straordi­nario della Comunione o da un fedele debitamente preparato. 

12. Uso della lingua nella celebrazione dell’Eucaristia

Nelle Messe celebrate con il popolo si usa la lingua italiana. Si potranno inserire nel repertorio della Messa celebrata in italiano canti dell’ordinario ed eventualmente del proprio in lingua latina.
Gli Ordinari del luogo, tenuto presente innanzi tutto il bene del popolo di Dio, possono stabilire che in alcune chiese fre­quentate da fedeli di diverse nazionalità si possa usare o la lingua propria dei presenti, se appartenenti al medesimo gruppo linguistico, o la lingua latina avendo cura di proclamare le letture bibliche e formulare la preghiera dei fedeli nelle varie lingue dei partecipanti.
In altri casi previsti in base ad una vera motivazione vagliata dall’Ordinario del luogo, si deve comunque usare l’edizione tipica del «Missale Romanum».
Ogni chiesa abbia a disposizione la forma abbreviata del Mes­sale latino: «Missale parvum».

13. I canti e gli strumenti musicali 

Nella scelta e nell’uso di altri canti si tenga presente che essi devono essere degni della loro adozione nella liturgia, sia per la sicurezza di fede nel contenuto testuale, sia per il valore musicale ed anche per la loro opportuna collocazione nei vari momenti celebrativi secondo i tempi liturgici.
Non si introduca in modo permanente alcun testo nelle cele­brazioni liturgiche senza previa approvazione della competente autorità.
Ogni diocesi abbia cura di segnalare un elenco di canti da ese­guire nelle celebrazioni diocesane tenendo presenti le indicazioni regionali e nazionali per la formazione di un repertorio comune. Anche per l’esecuzione dei canti si curi con attenzione l’uso dell’impianto di diffusione.
Per quanto riguarda il sostegno strumentale si usi preferibil­mente l’organo a canne o con il consenso dell’Ordinario, sentita la Commissione di liturgia e musica, anche altri strumenti che siano adatti all’uso sacro o vi si possano adattare.
La musica registrata, sia strumentale che vocale, non può essere usata durante la celebrazione liturgica, ma solo fuori di essa per la preparazione dell’assemblea.
Si tenga presente, come norma, che il canto liturgico è espres­sione della viva voce di quel determinato popolo di Dio che è raccolto in preghiera. 

14. L’altare (cfr o. 262) 

L’altare fisso della celebrazione sia unico e rivolto al popolo. Nel caso di difficili soluzioni artistiche per l’adattamento di particolari chiese e presbitèri, si studi, sempre d’intesa con le competenti Commissioni diocesane, l’opportunità di un altare «mobile» appositamente progettato e definitivo.
Se l’altare retrostante non può essere rimosso o adattato, non si copra la sua mensa con la tovaglia.
Si faccia attenzione a non ridurre l’altare a un supporto di oggetti che nulla hanno a che fare con la liturgia eucaristica. Anche i candelieri e i fiori siano sobri per numero e dimensione. Il microfono per la dimensione e la collocazione non sia tanto ingombrante da sminuire il valore delle suppellettili sacre e dei segni liturgici. 

15. La sede per il sacerdote celebrante e i ministri (cfr n. 271) 

La sede del sacerdote celebrante e dei ministri sia in diretta comunicazione con l’assemblea. 

16. L’ambone (cfr n. 272) 

L’ambone o luogo della Parola, sia conveniente per dignità e funzionalità; non sia ridotto a un semplice leggio, né diventi supporto per altri libri all’infuori dell’Evangelario e del Lezionario.

17. Materia per la costruzione dell’altare (cfr n. 263),per la preparazione delle suppellettili (cfr n. 268), dei vasi sacri (cfr n. 294) e delle vesti sacre (cfr n. 305)

Si possono usare materiali diversi da quelli usati tradizional­mente, purché convenienti per la qualità e funzionalità all’uso liturgico.
In particolare, per quanto attiene la coppa del calice è da escludere l’impiego di metalli facilmente ossidabili (ad es. alpacca, rame, ottone, ecc.), anche se dorati, da cui, oltre l’alterazione delle sacre specie, possono derivare effetti nocivi.
Nell’impiego dei vari materiali si tengano presenti le indicazioni dati in « Principi e norme per l’uso del Messale Romano », perché rispecchino quella dignitosa e austera bellezza che si deve sempre ricercare nelle opere dell’artigianato a servizio del culto. 

18. Colore delle vesti sacre (cfr n. 308) 

Si seguano le indicazioni date in «Principi e norme per l’uso del Messale Romano».

19. Numero delle letture nelle domeniche e nelle solennità (cfr n. 318)

La C.E.I. dispone nelle domeniche e nelle solennità la procla­mazione di tutte e tre le letture, per. una maggiore organicità e ricchezza della liturgia della Parola che secondo la tradizione comprende il profeta, l’apostolo e l’evangelista.

20. Stazioni quaresimali

In Quaresima secondo l’antica tradizione romana delle stazioni quaresimali, si raccomandano nelle Chiese locali le riunioni di preghiera specialmente intorno al vescovo, almeno in alcuni centri e nei modi più indicati.
Oltre che in domenica queste assemblee — con celebrazione dell’Eucaristia o del sacramento della Penitenza o con liturgie della parola o con altre forme, che richiamino anche il carattere pellegrinante della Chiesa locale — possono essere celebrate, evidenziando maggiormente il carattere penitenziale del cammino verso la Pasqua, nei giorni più adatti della settimana (in particolare il venerdì o il mercoledì) o presso il sepolcro di un martire o nelle chiese o santuari più importanti. 

21. Velazione delle croci e delle immagini (cfr «Missale Romanum», p. 215) 

Circa la possibilità di conservare l’uso di velare le croci e le immagini a cominciare dalla V domenica di Quaresima, ci si attenga ai criteri di ordine pastorale a giudizio dell’Ordinario del luogo.