386.
Ai
nostri tempi, nel riformare il Messale Romano secondo i decreti del
Concilio Ecumenico Vaticano II, ci si è sempre preoccupati che tutti
i fedeli, nella celebrazione eucaristica, possano esercitare quella
piena, cosciente e attiva partecipazione, che è richiesta dalla
natura della stessa Liturgia e alla quale gli stessi fedeli, in forza
della loro condizione, hanno diritto e dovere147.
Perché la celebrazione risponda più pienamente alle norme e allo
spirito della sacra Liturgia, in questo Ordinamento generale del
Messale Romano e nel rito della Messa vengono proposti alcuni
ulteriori adattamenti, che sono affidati al giudizio o del Vescovo
diocesano o delle Conferenze Episcopali.
387.
Il
Vescovo diocesano, che è da considerare come il grande sacerdote del
suo gregge, dal quale in qualche misura deriva e dipende la vita dei
suoi fedeli in Cristo148, deve promuovere, guidare e
vigilare sulla vita liturgica nella sua diocesi. A lui, in questo
Ordinamento generale del Messale Romano, è affidato il compito di
regolare la disciplina della concelebrazione (Cf. n. 202,374), stabilire
le norme circa il compito di servire il sacerdote all'altare (Cf. n. 107),
circa la distribuzione della sacra Comunione sotto le due specie (Cf.
n. 283), circa la costruzione e la ristrutturazione delle chiese (Cf.
n. 291). Ma a lui spetta prima di tutto coltivare nei presbiteri, nei
diaconi e nei fedeli lo spirito della sacra Liturgia.
388.
Gli
adattamenti sotto descritti, che esigono maggiore coordinamento, sono
da stabilirsi, secondo il diritto, dalla Conferenza Episcopale.
389.
Alle
Conferenze Episcopali spetta anzitutto preparare e approvare
l'edizione di questo Messale Romano nelle lingue moderne approvate,
affinché, dopo la conferma della Sede Apostolica, si usi poi nelle
rispettive regioni149.
Il Messale Romano, sia nel testo latino che nelle traduzioni nazionali
legittimamente approvate, si deve pubblicare integralmente.
390.
È
proprio delle Conferenze Episcopali, dopo la conferma della Sede
Apostolica, definire e introdurre nel Messale gli adattamenti che sono
indicati in questo Ordinamento generale del Messale Romano e nel rito
della Messa, come:
- i gesti dei fedeli e gli atteggiamenti del corpo (Cf. n. 43);
- i gesti di venerazione verso l'altare e l'Evangeliario (Cf. n. 273);
- i testi dei canti all'ingresso, all'offertorio e alla Comunione (Cf.
nn. 48; 74; 87);
- le letture della sacra Scrittura da usare in particolari circostanze
(Cf. n. 362);
- la modalità dello scambio di pace (Cf. n. 82);
- il modo di ricevere la sacra Comunione (Cf. nn. 160; 283);
- la materia dell' altare e della sacra suppellettile, specialmente
dei vasi sacri, e anche la materia, la forma e il colore delle vesti
liturgiche (Cf. nn. 301; 326; 329; 339; 342-346).
I Direttori o le Istruzioni pastorali, che le Conferenze Episcopali
riterranno utili, previo il riconoscimento della Sede Apostolica,
potranno essere introdotte nel Messale Romano in luogo opportuno.
391.
Alle
stesse Conferenze Episcopali spetta di dedicare una cura particolare
alla traduzione dei testi biblici che si usano nella celebrazione
della Messa. Dalla sacra Scrittura infatti sono desunte le pericopi
che si leggono e che si spiegano nell'omelia e i salmi che si cantano;
inoltre dalla sua ispirazione e dal suo contenuto sono nate le
preghiere, le orazioni e i canti liturgici, come pure da essa prendono
significato le azioni e i segni 150.
Si usi il linguaggio che risponda alla capacità dei fedeli e che sia
adatto ad una proclamazione pubblica, osservando tuttavia ciò che è
proprio dei diversi modi di parlare nei libri biblici.
392.
Spetta
inoltre alle Conferenze Episcopali preparare con grande diligenza la
traduzione degli altri testi, cosicché, nel rispetto anche del
carattere proprio di ciascuna lingua, venga reso pienamente e
fedelmente il senso del testo originale latino. Nel compiere questo
lavoro, conviene prestare attenzione ai diversi generi di espressioni
che si usano nella Messa, quali le orazioni presidenziali, le
antifone, le acclamazioni, i responsori, le invocazioni litaniche,
ecc.
Si tenga presente che la traduzione dei testi non ha come primo scopo
la meditazione, ma piuttosto la proclamazione o il canto nell'atto
della celebrazione.
Si usi un linguaggio adatto ai fedeli della regione; tuttavia sia
dignitoso e dotato di qualità letteraria, ferma restando la necessità
di una catechesi sul senso biblico e cristiano di alcune parole ed
espressioni.
È opportuno che, nelle regioni che hanno la stessa lingua, per quanto
possibile, si abbia la stessa traduzione dei testi liturgici,
soprattutto dei testi biblici e del rito della Messa151.
393.
Considerando
il posto eminente che il canto ha nella celebrazione, come parte
necessaria e integrale della Liturgia152, è compito delle
Conferenze Episcopali approvare melodie adatte, specialmente per i
testi dell'Ordinario della Messa, per le risposte e le acclamazioni
del popolo e per riti particolari che ricorrono durante l'anno
liturgico.
È loro competenza, inoltre, giudicare quali forme musicali, quali
melodie e quali strumenti musicali sia lecito ammettere nel culto
divino, perché siano veramente adatti all'uso sacro o possano
adattarvisi.
394.
È
necessario che ogni diocesi abbia il suo Calendario e il Proprio delle
Messe. La Conferenza Episcopale poi prepari il calendario proprio
della nazione o, con le altre Conferenze, un Calendario per una più
vasta regione, da approvarsi dalla Sede Apostolica153.
Nel fare questo lavoro, si deve rispettare e difendere la domenica,
come festa primordiale, quindi ad essa non siano anteposte altre
celebrazioni, se non sono davvero di grandissima importanzal54.
Inoltre si presti attenzione che l'anno liturgico, rinnovato per
volere del Concilio Vaticano II, non sia oscurato da elementi
secondari.
Nel preparare il calendario della nazione, si stabiliscano i giorni
delle Rogazioni e delle Quattro Tempora, facendo particolare
attenzione alle forme e ai testi per la loro celebrazione155
e ad altre particolari disposizioni.
Conviene che, nella edizione del Messale, le celebrazioni proprie di
tutta la nazione o territorio siano inserite a suo luogo nel
calendario generale, quelle invece proprie di una particolare regione
o diocesi siano poste in appendice.
395.
Infine, se la partecipazione dei fedeli e il loro bene spirituale
esigono variazioni e adattamenti più profondi, perché la sacra
celebrazione risponda allo spirito e alle tradizioni delle diverse
popolazioni, le Conferenze Episcopali potranno proporle alla Sede
Apostolica a norma dell' art. 40 della Costituzione sulla sacra
Liturgia, per introdurle, col suo consenso, a favore specialmente di
quelle popolazioni a cui è stato annunziato il Vangelo più
recentemente156. Si osservino attentamente le norme
particolari che sono state stabilite nella Istruzione «La liturgia
romana e l'inculturazione»157.
Nel modo di procedere in questo lavoro si osservi quanto segue.
Anzitutto si faccia una previa esposizione particolareggiata alla Sede
Apostolica, affinché, dopo aver ottenuta la debita facoltà, si
proceda ad elaborare i singoli adattamenti.
Dopo l'approvazione delle proposte da parte della Santa Sede, si
facciano esperimenti per i tempi e nei luoghi stabiliti. Se è il
caso, terminato il tempo dell'esperimento, la Conferenza Episcopale
stabilirà la prosecuzione degli adattamenti e sottoporrà al giudizio
della Sede Apostolica la loro ultima formulazione158.
396.
Tuttavia,
prima di arrivare a nuovi adattamenti, specialmente se molto profondi,
ci si dovrà dedicare con cura a promuovere saggiamente e
ordinatamente una debita istruzione del clero e dei fedeli, a condurre
ad effetto le facoltà già previste e ad applicare pienamente le
norme pastorali rispondenti allo spirito della celebrazione.
397.
Si
osservi anche il principio per cui ogni Chiesa particolare deve
concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina
della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi
universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che
devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per
trasmettere l'integrità della fede, perché la legge della preghiera
della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede159.
Il Rito romano costituisce una parte notevole e preziosa del tesoro e
del patrimonio liturgico della Chiesa Cattolica; le sue ricchezze
giovano al bene di tutta la Chiesa, tanto che la loro perdita le
nuocerebbe gravemente.
Questo Rito nel corso dei secoli non solo ha conservato gli usi
liturgici che hanno avuto origine nella città di Roma, ma in modo
profondo, organico e armonico ha integrato in sé alcuni altri usi che
derivavano dalle consuetudini e dalla cultura dei diversi popoli e
delle diverse Chiese particolari dell'Occidente e dell'Oriente,
acquisendo in tal modo un carattere che supera i limiti di una sola
regione. Nel nostro tempo l'identità e l'espressione unitaria di
questo Rito si trova nelle edizioni tipiche dei libri liturgici,
promulgati dall'autorità del Sommo Pontefice e nei libri liturgici ad
essi corrispondenti, confermati dalle Conferenze Episcopali per i loro
territori e riconosciuti dalla Sede Apostolical60.
398.
La
norma stabilita dal Concilio Vaticano II161, che cioè le
innovazioni nel rinnovamento liturgico non avvengano se non lo esige
una vera e certa utilità della Chiesa, e usando quella cautela per
cui le forme nuove in qualche modo scaturiscano organicamente dalle
forme che già esistono, deve essere applicata per operare l'inculturazione
anche dello stesso Rito romanol62. L'inculturazione inoltre
esige un congruo periodo di tempo, perché nella fretta e nella
disattenzione non venga poi compromessa l'autentica tradizione
liturgica.
La ricerca dell'inculturazione infine non tende affatto alla creazione
di nuove famiglie rituali, ma a provvedere alle esigenze di una data
cultura, in modo però che gli adattamenti introdotti sia nel
Messale sia negli altri libri liturgici non rechino pregiudizio
all'indole propria del Rito romanol63.
399.
Perciò
il Messale Romano, anche nella diversità delle lingue e in una certa
varietà di consuetudini 164,
si deve conservare per il futuro come strumento e segno eccellente di
integrità e di unità del Rito romano 165.
147
Cf.
CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 14.
148
Cf. ibidem, n. 41.
149 Cf. CIC, can. 838, § 3.
150
Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 24.
151
Cf. ibidem, n. 36, § 3.
152
Cf.
ibidem, n. 112.
153
Cf.
Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del
calendario, nn. 48-51; SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO,
Istruzione Calendaria particularia, 24 giugno 1970, nn. 4,8:
AAS 62 (1970) 652-653.
154
Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 106,
155
Cf.
Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del
calendario, n. 46; SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO,
Istruzione Calendaria particularia, 24 giugno 1970, n. 38: AAS
62 (1970) 660.
156
Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 37-40.
157
Cf. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI,
Istruzione Varietates legitimae, 25 gennaio 1994, nn. 54,
62-69: AAS 87 (1995) 308-309, 311-313.
158
Cf. ibidem, nn. 66-88: AAS 87 (1995) 313.
159
Cf. ibidem, nn. 26-27: AAS 87 (1995) 298-299.
160
Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. Vicesimus quintus annus, 4
dicembre 1988, n. 16: AAS 81 (1988) 912; CONGREGAZIONE PER IL CULTO
DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istruzione Varietates
legitimae, 25 gennaio 1994, nn. 2, 36: AAS 87 (1995) 288, 302.
161
Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 23.
162
Cf. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI,
Istruzione Varietates legitimae, 25 gennaio 1994, n. 46:
AAS 87 (1995) 306.
163
Cf. ibidem, n. 36: AAS 87 (1995) 302.
164
Cf.
ibidem, n. 54: AAS 87 (1995) 308-309
165
Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, il. 38; PAOLO VI, Cost. Ap. Missale
Romanum.
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